Peppe: Immaginate di trovarvi in una città piena di grattacieli piuttosto simili, o in una soffitta piena di oggetti di ogni tipo, o in un negozio stracolmo di prodotti di ogni genere in bella mostra e pronti per essere acquistati. Sicuramente sperimenterete rispettivamente l’incertezza di entrare in quello giusto, lo sconforto di non sapere da dove cominciare per rimettere ordine alle cose, l’imbarazzo della scelta da fare. Lo stesso vale con le tante esperienze che ci è dato di fare nel corso delle nostre giornate di lavoro, di svago, di riflessione, di preghiera, di studio. Tanti frammenti di vita, uno accanto all’altro, che rischiano di rappresentare una sorta di Babele quotidiana, tessere sparpagliate di un mosaico mai compiuto, vicoli ciechi di un labirinto senza apparente via d’uscita.
Elisabetta: Allora ricercherete qualcosa che sia una risposta certa, una soluzione infallibile, una modalità corretta, un manuale d’uso preconfezionato. La fede vi sembrerà proprio tutto questo. Il rimedio per eccellenza, il ricovero confortante, il miracolo che vi libera dalla responsabilità di fare una scelta. Noi abbiamo sperimentato l’esatto contrario. La fede ha sempre orientato il nostro cammino, ispirato le nostre scelte, guidato i nostri passi, nelle difficoltà e nelle gioie della vita, quando tutto ci sembrava chiaro e quando intorno a noi c’era il buio pesto. Una lampada donata miracolosamente per illuminare in profondità ogni angolo remoto dell’esistenza. Non una sovrastruttura, ma una lente di ingrandimento di ciò che sussiste di per sé intorno a noi.
Peppe: Tuttavia, la fede non è stata mai una risposta scontata, un percorso facile, un rifugio rassicurante. Si è imposta a noi come una domanda aperta. Non un ricettario, ma un taccuino su cui scrivere il copione del nostro attraversamento del mondo e rileggere le nostre esperienze alla luce di un senso altro rispetto ad un’interpretazione scontata e talvolta troppo umana, un canovaccio sapienziale con cui confrontarci intelligentemente e creativamente, una modalità per ricollocare le nostre azioni quotidiane in un disegno provvidenziale non dato una volta per tutte, ma costruito insieme all’Altro di noi per sperimentare la bontà del suo Amore, la bellezza di una compagnia discreta ma sollecitante, misteriosa ma affascinante.
Elisabetta: La fede si è manifestata nella nostra vita di coppia non come una folgorazione improvvisa, ma come una presenza itinerante che ha accompagnato il nostro esserci nel mondo e il nostro darci agli altri, educandoci a raccogliere le sfide del tempo e a incarnarci nelle situazioni ordinarie con spirito sapienziale, ad appassionarci al destino dell’ambiente in cui si snodano i percorsi di vita, a guardare con occhi nuovi alle cose apparentemente scontate, a stupirci di tanta bellezza che ci circonda, a chiederci sempre il perché di una cosa e a imprimere un senso e un orientamento al nostro andare.
Peppe: Ci ha fatto mettere in gioco nell’assunzione di responsabilità, ci ha esposto al dubbio, ci ha catapultati nelle realtà difficili da comprendere, ci ha inchiodati alle situazioni difficili da gestire, ci ha spinti oltre i nostri angusti recinti, ci ha aperto la strada verso le periferie esistenziali dove toccare con mano il dolore delle persone, ha sdoganato le frontiere del nostro cuore, ci ha spinto ad abbandonare l’isola felice della singolarità e ci ha ricollocati nella storia del noi, ci ha fatto declinare al plurale, ci chiamato a fare i conti con l’inedito e con l’imprevisto, ci ha consegnato ad una tradizione non calcificata ma fluidamente protesa verso la costruzione di una speranza possibile, ci ha formato ad una memoria vivente e profeticamente audace.
Elisabetta: La fede ci ha educato al piacere dell’altro e non al suo consumo, rendendo così sostenibile e stabile nel tempo l’esperienza amorosa, al di là delle suggestioni della cultura dominante che ci inducono fin da piccoli a fare il contrario. La fede ha trasfigurato il nostro orizzonte di vita in comune coniugando differenza e condivisione, partecipando della vita dell’altro nelle gioie e nei dolori, nella salute e nella malattia, nello sconforto e nell’euforia. Ci ha insegnato a gustare tutti i sapori dell’altro: il dolce e l’amaro, il sapido e l’insipido, senza escluderne alcuno per poter godere la vita tutta intera.
Peppe: La fede ci ha generato allo stupore, all’apertura, all’accoglienza, al dono, alla gratuità, alla pro-attività, al coinvolgimento, alla partecipazione, all’empatia, alla solidarietà. Ci ha liberato dall’autoreferenzialità, dalla rassegnazione, dal rimpianto, dalla sterile nostalgia del passato, dall’accettazione dello status quo.
Elisabetta: Attraverso la fede siamo entrati nel circuito virtuoso del dialogo incessante, nonostante gli alti e bassi delle vicende, siamo stati proiettati in una prospettiva di più ampio respiro, dove il linguaggio amoroso è diventato il codice comunicativo che ha mediato l’incontro con la nostra differenza, la diversità altrui, la prossimità nella sua distanza e insieme vicinanza a noi.
Peppe: Nella fede abbiamo accolto la Parola come occasione generatrice di cambiamento. Con la fede abbiamo sfidato la tentazione alla stanzialità, alla permanenza nell’area di confort esistenziale. Nella fede abbiamo sperimentato l’eccedenza del Vangelo e l’essenziale della vita, rinunciando al surplus e al superfluo, non facendoci incantare dalle emozioni effimere, dai retorici romanticismi sentimentali, ma recuperando un’intelligenza affettiva capace di andare in profondità nell’incontro con l’altro e di scoprire l’inesauribile energia vitale che lo connota, l’inesauribile novità di ciascuno di noi.
Elisabetta: Il nostro amore si è dischiuso nel solco della fede non gridata ma annunciata, si è corroborato nelle fatica di ri-comprendersi ogni giorno, si è rinsaldato nelle criticità che lo hanno messo a dura prova, La fede è stata la fiducia che ci siamo liberamente accordati nell’amore e l’amore è stato la passione che ci siamo consegnati reciprocamente nella fede.
Peppe: Quanti errori abbiamo commesso, quante incoerenze abbiamo vissuto, quanta inadeguatezza ha costellato il nostro cammino, ma nella fede, nella fiducia alimentata dall’Amore trinitario, tutto è stato redento, riscattato, rinato a nuovo inizio, rifiorito a nuova bellezza.
Elisabetta: Nella fede ci siamo per-donati, ovvero ci siamo fatti dono di fiducia e di speranza perché ogni conflitto non costituisse mai un momento chiuso, come lastra tombale sul nostro amore. Abbiamo vissuto le lacerazioni come passaggio, come l’opportunità di attraversare quell’apertura stretta della croce illuminata dalla risurrezione. In ogni per-dono abbiamo proclamato la fedeltà reciproca, ci siamo affidati all’amore dell’altro, certi di sperimentare la freschezza del rinascere insieme ad una nuova vita. Maria Chiara è il nome di questo inizio: incipit vita nova.
Peppe Pantuliano ed Elisabetta Barone