«Una famiglia scendeva da Gerusalemme a Gerico per le vie tortuose della storia, quando a un certo punto incontrò i tempi moderni. Non erano peggiori di altri ma si accanirono comunque contro la famiglia: le portarono via la fede, poi le tolsero l’unità e la fedeltà, la serenità del colloquio domestico, la solidarietà col vicinato, la vita gioiosa al suo interno e l’ospitalità verso l’esterno. Passava giusto per quella strada un sociologo: vide la famiglia ferita sull’orlo della strada, prese a farne l’analisi e lunghi studi e alfine sentenziò: “Non c’è niente da fare; non poteva che morire.”
Poco dopo passò uno psicologo e disse: “Era opprimente, meglio che sia finita.”
Anche un prete la incontrò, le fece la predica sulla morale e sulla mancanza di religione e se ne andò alzando le mani al cielo esclamando: “Che tempi”. Infine passò il Signore che la vide e ne ebbe compassione, si chinò su di lei lavandone le ferite con l’olio della sua tenerezza e il vino del suo amore. Se la caricò sulle spalle e la portò alla chiesa affidandola ad essa con queste parole: “Ho già pagato per lei tutto quello che c’era da pagare. Ho dato il mio sangue per lei non l’ho lasciata sulla strada, l’ho ristorata con la mia parola e il mio pane. Al mio ritorno ti chiederò conto di lei.”
A mano a mano che la famiglia si riebbe si ricordò del volto del Signore e, guarita dalle ferite della sua solitudine, divisioni e materialismo, decise di fare quello che lei stessa aveva ricevuto: si pose con amore accanto ai bambini abbandonati, ai giovani disorientati, alle famiglie in crisi, ai vecchi agli ammalati senza attendersi un aiuto dall’esterno o dalla società.. chissà quanto sarebbe arrivato.»
Questa è una parabola di cui non si conosce l’autore, ma che circola volentieri negli incontri per famiglie. Continuando il nostro viaggio tra le virtù in famiglia, questo racconto ci aiuta a comprendere meglio che, se è vero che “la famiglia è il luogo privilegiato in cui si apprendono le virtù”, è altrettanto vero che solo il Signore, “il buon samaritano della famiglia”, può aiutarci a mettere in pratica queste virtù e a diventare a nostra volta “famiglie samaritane”. Con lo sguardo, quindi, rivolto verso i più deboli, i più fragili, gli emarginati, gli abbandonati, i bambini, i giovani, gli anziani che vogliamo parlare della bellissima virtù dell’amicizia. L’amicizia fa parte della vita della famiglia non solo perché già da piccoli i figli hanno amici (che crescendo diventano sempre più parte della famiglia) ma anche perché la famiglia stessa si apre ad altre famiglie: sa che questo amore tra di loro, questo scambio, questa profonda unione è bellissima e quindi ha il desiderio di poterla condividere e potersi aprire alla ricchezza che viene dagli altri. Per le famiglie cristiane, chiamate a vivere un tempo così difficile e controverso nel quale tanti valori stanno cambiando e le relazioni diventano sempre più complicate, diventa una grande sfida vivere una dimensione forte di amicizia tra famiglie. È possibile oggi sperimentare modalità di relazioni nelle quali si rinuncia a qualcosa per costruire una forza capace di affrontare le difficoltà con il sostegno di altri amici?
Molto spesso le famiglie non amano questo stile e preferiscono restare ciascuna nelle proprie case, gelose della propria intimità, interrotta qua e là da rapporti più o meno profondi. Spesso si confonde l’amicizia con la conoscenza occasionale o sporadica e si costruisce il rapporto attorno alla dimensione dello svago e del divertimento. Nel momento del bisogno si alzano reticenze e spesso si evita la prosecuzione di relazioni che sembravano destinate a durare. Anche noi come famiglia abbiamo vissuto alcuni fallimenti” in questo senso, che non ci hanno impedito però di continuare a cercare quel modo di essere che potesse rendere la nostra vita familiare sempre più una conformazione a Cristo, a costruire relazioni di amicizia vera nel segno del risorto.
E da lui siamo sempre ripartiti.
La prima cosa che Gesù ha fatto iniziando la sua predicazione è stata quella di chiamare alcuni amici, persone che potessero vivere con lui le fatiche ma anche le gioie del ministero. Il condividere insieme tutto. Il Signore ha scelto l’amicizia come luogo esistenziale, ha scelto l’amicizia con i dodici prima di tutto ma poi con tutti i suoi discepoli per far comprendere il mistero della famiglia: “mio fratello, mia sorella, mia madre sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Matteo 12,48-50.)
L’amicizia è la realtà che ci permette di fare quella esperienza di chiesa come ce la propone Gesù. Quando un’amicizia si basa anche sul condividere la fede e la preghiera, è una grazia grande che auguriamo a tutte le famiglie: avere delle altre famiglie con le quali trovarsi, mettersi in ascolto una della vita delle altre, una dei desideri delle altre, insieme della parola di Dio, cioè dei desideri di Dio su tutti.
Questa è la virtù dell’amicizia: il desiderio di fare tutto il mondo la famiglia di Dio, andare verso gli altri come ricchezza, riconoscerli come persone importanti per noi. La famiglia cresce in questo amore avendo Cristo come modello: Cristo che chiede di essere accolto e accoglie, che presenta ogni uomo il volto del Padre che ama, Cristo che si carica di ognuno di noi e si fa vicino nel dolore, Cristo che sceglie di andare verso gli altri per condividere ogni cosa e attraverso l’amicizia unirsi in un’unica famiglia.
L’augurio per tutti è quello di poter vivere veri rapporti di amicizia tra famiglie e in famiglia, basati sul desiderio di condividere ideali e progetti e sapersi fare “Samaritani” gli uni nei confronti degli altri perché solo sulle orme del “buon samaritano della famiglia” sarà possibile superare le tante crisi e le ombre che attanagliano il nostro mondo.
Giuseppe Di Napoli e Antonella Bagnato