Home » Comunicazione » Blog » L’Adulto e la politica, l’adulto ed il sociale al tempo del coronavirus

L’Adulto e la politica, l’adulto ed il sociale al tempo del coronavirus

,

“Non tocca a me, la politica è una cosa sporca, non voglio sporcarmi le mani, i politici sono tutti uguali, ladri e corrotti, ai poveri, ai disoccupati, alle famiglie, alla cura del Creato, ai problemi legati al coronavirus…..ci deve pensare lo Stato. Io sto bene in Chiesa, prego, canto, adoro, mi confesso, partecipo alla santa messa, mi comunico, vado all’associazione, al movimento ecclesiale…..che devo fare di più?”

Quante volte anche nelle nostre salette di Azione Cattolica, nei consigli pastorali ed in tanti altri ambienti cattolici abbiamo sentito parlare in questo modo?

La vita di tutti i giorni può essere completamente staccata dalla vita di fede? Possiamo continuare a pensare che la dottrina sociale della Chiesa, il magistero dei Papi sul bene comune e la cura del Creato sono cose che non ci riguardano? Possiamo disinteressarci di quello che avviene nel quartiere, nelle piazze e nelle strade delle nostre città? Possiamo vivere due vite parallele?

Come mai tanti laici si tengono lontani dalla cura dei luoghi che abitano? Perché spesso sono interessati a fare i chierichetti? Perché si preoccupano principalmente del buon esito delle celebrazioni e poco o nulla di quello che accade in città, nel consiglio comunale, regionale, delle Leggi approvate dal Parlamento, delle decisioni dell’Unione Europea, dell’amministrazione della giustizia, dell’andamento dell’occupazione, dell’integrazione tra popoli differenti, dei problemi carcerari, della sanità o della scuola?

Eppure il Campanile deve essere connesso con le piazze, la vita di fede deve avere ripercussioni in città; non è possibile che i cristiani aspettino che gli altri facciano il primo passo nell’impegno socio-politico; non si può delegare la cura della città, dell’ambiente, del lavoro, degli ultimi all’amministrazione di qualsiasi livello essa sia. I cristiani devono collaborare senza sterili polemiche e vuoti formalismi alla crescita sotto tutti i livelli della città in cui vivono.

Il beato Giorgio La Pira, che viveva in una stanzetta in un convento vicino Firenze, era capace di fare da mediatore tra gli Usa e l’Urss, era attento alle esigenze degli sfrattati e degli ultimi in generale, consolava i disoccupati, lottava con loro per la difesa del posto di lavoro e di tutti i loro diritti; egli ripeteva spesso “non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa ‘brutta’! No: l’impegno politico -cioè l’impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti a cominciare dall’economico – è un impegno di umanità e di santità: è un impegno che deve potere convogliare verso di sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità”. Il sindaco di Firenze (1951-1958; 1961-1965), padre costituente, messaggero di pace, sosteneva che dopo l’unione con Dio la politica è la più alta forma di carità! La Pira ripeteva che lo potevano anche arrestare, ma non avrebbe mai tradito i poveri, gli indifesi, gli oppressi: non aggiungerò al disprezzo con cui sono trattati dai potenti l’oblio od il disinteresse dei cristiani”; egli ricercava ed attuava le migliori soluzioni per supportare i meno abbienti e non avrebbe mai rifiutato di sostenere gli indigenti. Non perdeva troppo tempo nelle parole, ma aiutato dalla Parola, sosteneva gli ultimi.

Tale affermazione fu ripresa anche da San Paolo VI secondo cui la politica è la carità in grande, una forma di amore, che cerca di dare risposte strutturali ai problemi della povertà, dell’occupazione, dell’ordine pubblico, della sanità, della pubblica istruzione, dell’ambiente.

Chi non se ne vuole occupare né in termini di impegno diretto (parlamentare, consigliere, sindaco..) né come cittadino degno del Vangelo si comporta come Ponzio Pilato; chi non vive la città, chi non si occupa del bene comune – dalla cura delle aiuole alla manifestazione a difesa del territorio dallo scempio dell’inquinamento, dalla partecipazione a progetti di legalità alla cura dei bisognosi, dalle istanze per la risoluzione di piccoli/grandi problemi alla diffusione di buone pratiche sociali – non rende un buon servizio a se stesso ed alla comunità.

Chi non agisce, non ha il diritto di lamentarsi se le cose non vanno bene; solo chi si impegna può avere voce in capitolo. Eppoi come si può mai giustificare una vita di fede vissuta nel disimpegno politico-sociale? Cosa si testimonia alle giovani generazioni?

A questi ultimi dobbiamo lasciare un mondo meno inquinato, delle città più vivibili, un’economia fondata sulla centralità dell’uomo e non sul suo sfruttamento, una Politica che si occupi e si preoccupi degli ultimi, dei deboli, dei bambini, degli anziani, degli indifesi.

Per fare questo ci aiutino le parole di Papa Francesco e dell’assistente nazionale dell’Ac. Mons. Sigismondi; in particolare, alla festa dei centocinquant’anni dell’Azione Cattolica (aprile 2017) Papa Francesco ci ha detto che la parrocchia deve rimanere in contatto con le famiglie e con la vita del popolo; l’Azione cattolica non deve diventare una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi.

Recentemente, l’assistente nazionale Monsignor Sigismondi ha ribadito che la parrocchia è inserita nel quartiere e che non possiamo limitarci a presidiare i confini del territorio, dobbiamo riscoprire la grammatica di base del primo annuncio, far parte di esso, prenderne le parti ….. l’attenzione alla vita sociale non è separabile dall’impegno ecclesiale, prenditi cura dei poveri, amici abituali della canonica, e di coloro che si sono allontanati da te per delusione d’innamorati. Mons. Sigismondi ha sollecitato la parrocchia a non rinunciare al suono delle campane, ma deve avere il coraggio di passare dalla pastorale del campanile a quella del campanello, dalla pastorale a pioggia di mantenimento a quella a goccia di accompagnamento.

Queste parole sono uno stimolo per vivere appieno la fede, alimentarla alle sorgenti della Parola e dell’Eucarestia per testimoniare il vangelo di Gesù in tutti gli ambienti che frequentiamo e rendere migliori le città in cui abitiamo.

In questi mesi abbiamo sperimentato la fragilità dell’essere umano che, nonostante il progresso e tutte le tecnologie che ha a disposizione, non riesce ad offrire finora una cura risolutiva del coronoavirus. Nessuno al mondo, neppure il più catastrofista avrebbe pensato che un virus potesse bloccare l’intera umanità e provocare migliaia di vittime; i tempi per un vaccino non sono brevi e, pertanto, oggi la più efficace difesa è il distanziamento sociale.

Quando tutto sarà passato occorrerà verificare se tutto ciò poteva essere in qualche modo previsto, se ci poteva preparare meglio per fronteggiare la pandemia, se il sistema sanitario, pubblico e privato, sia stato adeguatamente supportato, se i dirigenti politici ed amministrativi nel corso degli anni passati abbiano compiuto scelte mirate alla salvaguardia della salute dei cittadini oppure operato dei tagli indiscriminati agli investimenti senza diminuire gli sprechi e combattere in modo efficace la corruzione che ci accompagna da tempo.

La pandemia, oltre a causare tanti decessi soprattutto negli anziani con una perdita di una ricca, critica e bella memoria storica, ha generato una crisi economica più grave di quella del 2008; in quella occasione negli Stati Uniti d’America, in seguito al crollo dei subprime e del mercato immobiliare, ci fu a catena una grave crisi finanziaria nell’economia americana e, di conseguenza, in quella europea.

Oggi la crisi è stata dapprima sanitaria e poi economica, si è assistito a numerosissimi contagi, ricoveri ospedalieri, migliaia di decessi; con la chiusura della gran parte delle attività industriali, commerciali e di servizi, occorre evitare un default economico ed occupazionale. Gli Stati da soli non possono fare molto per risollevarsi, riprendere la vita precedente al coronavirus senza fare i conti con i contraccolpi relativamente all’occupazione; quanti posti di lavoro saranno persi? Come sarà l’economia mondiale e delle famiglie dopo il coronavirus?

Cosa ci aspetta? Saremo in grado di fronteggiare l’emergenza occupazionale per evitare nuovi poveri?

Un cristiano, forte della Speranza che ha un volto ed un nome ben preciso ossia Gesù Cristo, non deve temere di essere solo davanti a questa grave emergenza umanitaria; il cristiano è consapevole che nelle difficoltà Dio non ci abbandona, il suo silenzio è apparente ed in questi giorni di quarantena ci siamo dedicati di più alla preghiera, al discernimento, alla comunione spirituale ed alla carità; abbiamo evitato inutili e dannose catene di sant’antonio che con il grande, dotto e miracoloso Santo non hanno nulla a che vedere.

Chiediamoci, poi, cosa avrebbero fatto ad esempio Marvelli, Frassati, Bartali, Nennolina, De Gasperi, Bachelet, Moro, Barelli……….in un momento difficile come questo.

In proposito il nostro Papa ci ha domandato, sempre alla festa per i 150 anni, a cosa serve avere una bella storia alle spalle? La storia di uomini e donne sante non serve per camminare con gli occhi all’indietro perché faremo uno schianto! Non dobbiamo guardarci allo specchio, restare comodi in poltrona, questo ingrassa e fa male al colesterolo!

Ricordare e fare memoria di chi ci ha preceduto deve servire per essere consapevoli di essere popolo che cammina prendendosi cura di tutti, aiutando ognuno a crescere umanamente e nella fede, condividendo la misericordia con cui il Signore ci accarezza.

I grandi testimoni di santità hanno indicato la strada da seguire, testimoniano che con passione, coraggio e fedeltà al Vangelo si possono raggiungere traguardi significativi e belli per le comunità.

Pensiamo al giovane Alberto Marvelli protagonista sia durante che dopo la seconda guerra mondiale con una vita spesa in favore degli ultimi, degli scartati e di quelli che non ce la facevano ad essere autonomi economicamente. Marvelli anche sotto i bombardamenti anglo-americani andava alla ricerca dei poveri per alleviare le loro sofferenze morali e materiali. Con la fine della guerra fu chiamato dall’amministrazione di Rimini a svolgere la funzione di assessore ai lavori pubblici ed ebbe un ruolo fondamentale per la ricostruzione della seconda città italiana più distrutta. Quante volte Marvelli sarebbe uscito durante questo coronavirus per andare incontro ai senzatetto delle nostre città? Cosa avrebbe fatto per le nostre città e cosa avrebbe proposto per la loro rinascita? La sua morte causata dall’investimento di un autocarro militare è la prova che egli non esitava ad uscire per rifornire un povero, una famiglia, una città.

Sempre in tema di giovani Piergiorgio Frassati può avere un ruolo determinante nella nostra ricerca di collegare la fede alla vita; egli era appassionato delle montagne, ma non gli interessava la scalata sociale, era il ragazzo delle otto beatitudini come lo ricordava San Giovanni Paolo II che amava e si preoccupava dei poveri; ma questo non gli bastava ed infatti ebbe un grande impegno sociale e politico contro il regime fascista, si schierò tra le fila del Partito Popolare di Don Luigi Sturzo nel 1919. La volontà di rimanere legato al territorio e di impegnarsi per la sua liberazione dal fascismo fu una diretta conseguenza del suo modo di sentirsi cristiano; per il beato Frassati non era sufficiente aiutare i poveri, andare nelle loro misere soffitte, nei tuguri in cui si confondevano malattia, fame e dolore; oltre ad offrire una parola di conforto agli afflitti, viveri, medicinali e denari a quanti soffrivano nella carne, egli ricercava una soluzione al problema strutturale della povertà, dell’abbandono e la politica; per questo la politica gli parve la via idonea per fare pressione là dove si decideva la giustizia.

E che dire di Gino Bartali, di cui ricorrono i 20 anni dal suo passaggio in cielo? Un giusto tra le Nazioni, un uomo di Ac che aiutò centinaia di ebrei a non finire nei campi di concentramento nazista; con la sua bicicletta macinava chilometri non per essere in forma fisica, ma per ricercare i sofferenti ed aiutarli nella carne e nello spirito; egli, pur essendo di indole un contestatore, non avrebbe mai rimproverato i governanti per l’impossibilità di allenarsi come fanno tanti cittadini durante la pandemia!

E la piccola/grande Nennolina come si sarebbe mossa? L’autrice di tante letterine al caro Gesù durante la sua malattia, sosteneva che senza la grazia di Gesù nulla poteva fare; ella sicuramente avrebbe pensato ai malati, li avrebbe confortato, avrebbe sostenuto il personale medico e paramedico ed affidato tutti al buon Gesù che dona la forza per attraversare questi momenti difficili.

E La Barelli? La fondatrice della Gioventù femminile cattolica milanese fu fortemente impegnata per l’affermazione dei diritti delle donne in politica e sul lavoro ed in questo periodo si sarebbe sicuramente battuta per la loro difesa anche in ambito familiare dove non di rado si insidiano le più feroci umiliazioni, violenze ed uccisioni.

Parlare di quello che avrebbero fatto De Gasperi, Moro e Bachelet potrebbe sembrare superfluo, perché i tre giganti dell’Azione Cattolica e della Repubblica italiana avrebbero guidato il Paese, l’Europa ed il mondo con saggezza, moralità altissima ed efficacia verso l’approdo a porti sicuri. Essi non avrebbero lesinato aiuti ai poveri, ma nello stesso tempo avrebbero aiutato gli Stati ad attraversare le crisi sanitarie, industriali, economiche ed occupazionali senza troppi contraccolpi.

Mancano le loro visioni del mondo ed anche in ambiti cristiani vengono acclamati come salvatori degli emeriti sconosciuti che non hanno alcuna competenza e sono finanche rabbiosi e presuntuosi. Meglio i politici di professione allora?

Meglio i competenti al posto dirigenziale che sia esso politico, economico, medico, ecclesiale.

Ma il pensare ai grandi del passato, alle nostre radici ed al loro grande patrimonio non deve essere vano; non è possibile pensare a loro per organizzare un museo e mostrare i loro cimeli e le loro opere; non chiediamoci soltanto cosa possiamo fare, ma operiamo.

Non restiamo con le mani conserte, cerchiamo chi soffre nei condomini, nelle strade, nelle associazioni che frequentiamo e portiamo loro ristoro.

Non ci limitiamo a dire ma io non sono capace, ci vuole competenza a dare un sorriso, un pasto caldo a chi è privo, un sostegno economico a chi non lavora o non lavorerà dopo la pandemia? Aspettiamo sempre gli altri, lo Stato oppure siamo in grado di proporci per fare del bene? Sappiamo accogliere chi è meno fortunato di noi?

Le nostre liturgie, celebrazioni devono essere finalizzata alla missionarietà non all’autoconservazione; la preghiera personale e comunitaria deve aiutarci, come sostenuto dal sommo pontefice, a gettare il seme buono del Vangelo nella vita del mondo, attraverso il servizio della carità, l’impegno politico, (con la P maiuscola!).

I cristiani, come Santa Madre Teresa di Calcutta, attingono la loro forza dalla preghiera, e come lei devono attivarsi in progetti di carità e solidarietà singoli e, ove possibile, associativi. Ella voleva che le missionarie della Carità siano il fuoco d’amore fra i più poveri, gli ammalati, i moribondi, i bambini di strada.

D’altronde, il Presidente Bachelet parlando dell’Azione Cattolica sosteneva che essa è una realtà di cristiani radicati nel loro territorio e nelle loro parrocchie che si conoscono, che si vogliono bene, che lavorano assieme nel nome del Signore, che sono amici.

Questa affermazione guidi i nostri passi in un momento difficile come questo e possa essere lo scopo a cui tendere, la missione da perseguire, il sogno da realizzare, il porto a cui approdare.

Duc in altum Azione Cattolica, duc in altum mondo intero.


Leggi Anche