All’inizio dell’anno associativo 2021/2022 abbiamo deciso di incontrare in presenza i soci adulti per incoraggiarli a perseverare nella sequela di Gesù attraverso l’Azione Cattolica.
Che bello rivedersi, che bello incontrare nuovamente i soci in giro per la diocesi e riscoprire la bellezza della famiglia AC!
All’inizio dei nostri incontri abbiamo pregato con il salmo 138, in cui Dio, che conosce tutta la realtà, tutte le azioni, tutto l’orizzonte, ci guarda con uno sguardo d’amore e ci dona la speranza, la fiducia, la consapevolezza di essere tutti un Suo prodigio.
Durante gli incontri siamo stati messi di fronte ad un quadro di Marc Chagall, Io e il villaggio e ci è stato chiesto di cogliere ciò che nel quadro rappresentasse un aspetto della nostra vita. Le risonanze dei soci sul quadro del pittore bielorusso di origini ebraiche sono state diverse l’una dall’altra, ma in tutte è prevalsa la volontà di continuare a vivere lo stile associativo, la modalità di partecipare alla catechesi esperienziale dell’Azione Cattolica, che mette la persona al centro e permette ad ognuno di esprimere la propria opinione. Successivamente l’assistente presente agli incontri, don Biagio Napoletano (per gli incontri di Salerno e Solofra) e Don Michele Olivieri (per quello di Battipaglia), ci hanno regalato delle pillole bibliche attraverso i commenti ad alcuni brani delle Scritture nei quali si parla di sguardi, degli sguardi di Gesù, caratterizzati dall’amore e mai dal giudizio, dal perdono e non dalla rabbia, dall’accoglienza e non dall’esclusione.
Gesù guarda negli occhi le persone che incontra e va direttamente al loro cuore fino a coglierne le intenzioni e, spesso, a svelarle. I suoi sguardi manifestano vicinanza, premura, compassione, interesse per tutte le persone che incontra. Negli episodi evangelici che narrano le chiamate dei discepoli (Mt 4,18-22; Mt 9,9; Gv 1,38-39; Gv 1,42-48), gli sguardi di Gesù interpellano, calamitano l’attenzione, trasmettono la forte carica della sua umanità: noi siamo capaci di fare lo stesso?
Con quegli stessi occhi Gesù guarda le folle e le attrae a sé: emblematico è il discorso della montagna (Mt5,1), nel corso del quale avviene il primo incontro con la gente a cui Gesù consegna la legge nuova, le Beatitudini; sguardo e parola si compenetrano: la folla viene attratta dal messaggio di Gesù, ciò favorisce il contatto e la consegna di messaggi importanti.
Ci sono folle in situazioni di precarietà, che Gesù incontra passando per città e villaggi; gli portano il carico delle sofferenze quotidiane personali e familiari per avere guarigione (Mc 9,36). Gli evangelisti mettono in risalto la compassione che Gesù prova e la sua azione benefica: Gesù non ha mai rimandato a casa nessuno, non ha mai negato o rinviato; quando ha visto la stanchezza nei volti delle persone, non ha esitato a compiere il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mt 15,32-39). I suoi sguardi colgono i bisogni veri, reali e profondi delle persone che incontra: allevia le loro sofferenze, fisiche e spirituali, entrando in empatia con tutti loro.
E noi come ci comportiamo se durante la nostra giornata le persone che incontriamo ci chiedono aiuto? Siamo capaci di sconvolgere i nostri piani, disegni, progetti per porci accanto immediatamente a chi soffre?
Alcune volte gli sguardi di Gesù contengono una provocazione, come quando incontra il giovane ricco, che però non coglie l’opportunità della sua sequela, che non comprende che per ricevere la vita eterna occorre abbandonare le false ricchezze (Mc 10,21-23).
Non mancano gli sguardi che incontrano i peccatori, che Gesù non ha mai escluso.
Incontra Levi seduto al banco delle imposte e gli propone addirittura di essere suo discepolo (Lc 5,27-28). Non solo, accetta anche il suo invito a un grande banchetto, presenti molti altri peccatori, sapendo di attirarsi le critiche degli scribi e farisei. Vede anche Zaccheo sull’albero e non gli dice di cambiare vita, ma che desidera andare a casa sua. Zaccheo, capo dei pubblicani, non si sente giudicato, bensì accolto. È onorato e pieno di gioia nell’ospitare Gesù. La sua vita cambia ed egli restituisce quattro volte tanto di quanto ha rubato. Anche Gesù è contento perché «oggi per questa casa è venuta la salvezza» (Lc 19,1-10).
E noi come guardiamo gli altri che incontriamo per strada, sul lavoro, in chiesa? Siamo soliti giudicare le persone, le fulminiamo con gli occhi?
Dopo le penetranti parole dei due sacerdoti, abbiamo ascoltato la canzone Dipende del gruppo Jarabe de Palo, guidato dal cantante Pau Donés, venuto a mancare l’anno scorso; contestualmente abbiamo visto il video contenente immagini volutamente provocatorie che ci hanno portato a riflettere che non tutti siamo uguali, non bisogna giudicare nessuno e che il cristiano, come Gesù, non punta il dito contro nessuno, ma condanna soltanto il peccato.
La società è in evoluzione e il cristiano non deve guardarla con occhi di superiorità, giudicando e allontanando da sé ciò che non comprende o non gli piace o “lo disturba”: deve porsi accanto alla vita delle persone, ascoltare ciò che esse hanno da dire, lasciarsi raccontare la loro storia. Ciò non significa rinunciare a raccontare il Vangelo, ma occorre farlo con delicatezza, con mitezza, guardando amorevolmente e parole di Speranza: ciò che vogliamo è testimoniare a tutti che Dio si è incarnato per vivere insieme con noi le nostre sofferenze, per sorreggerci negli scoraggiamenti, aiutarci a superare gli ostacoli che inevitabilmente incontriamo. Dio vuole il nostro bene già su questa Terra, ci sostiene in ogni condizione di vita e mai ci abbandonerà.
Alla fine degli incontri ci siamo presi un impegno per l’anno associativo che, con l’aiuto del Signore, cercheremo di rispettare, per fare in modo che la Chiesa e le città che abitiamo siano pervase dall’amore cristiano.
Le serate trascorse insieme sono state piacevoli perché, confortati dal vederci nuovamente in presenza, abbiamo sperimentato ancora una volta vissuto appieno la bellezza della famiglia di AC, fatta di tanti amici che da anni condividono la partecipazione orgogliosa e consapevole ad un’associazione laicale sempre attenta alla persona ed alla società.
Il tema annuale dello ‘sguardo’ si presta ad un approccio creativo, che mescola linguaggi artistici diversi, dato che il guardare presuppone sempre un punto di vista soggettivo che, in quanto tale, non può mai essere assunto come presupposto assoluto.
A tratti è sembrato di percepire un effetto di ‘sospensione’, giacché lo sviluppo dell’incontro, pur nella sua semplicità, non era affatto scontato, perché la ‘piega’ delle serate sarebbe dipesa dal contributo degli adulti a mano a mano intervenuti.
Questo del resto è lo stile proprio dell’AC, denso di contenuti ancorati al Magistero ecclesiale e, al contempo, sempre carico di suggestioni ed evocazioni di matrice culturale che consentano di mediare le diverse attenzioni.
Abbiamo peraltro sperimentato, nel nostro piccolo, cosa significhi ‘sinodalità’, grazie alla partecipazione attiva dei presenti, perché il cammino formativo è un’esperienza di Chiesa declinata al plurale, traendo arricchimento tanto dalla testimonianza di ciascun socio quanto dall’opportuno raccordo tra gli ambiti diocesani e parrocchiale.